Testo critico per la mostra Hic et Nunc.

HIC et NUNC

Dalla notte dei tempi, l’uomo ha cercato in tutti i modi di individuare una logica nello svolgersi degli eventi: a partire dallo studio del ciclo della natura e delle stelle per potervisi adattare, poi con la religione o altri costrutti che ne hanno influenzato la morale. In questo ultimo secolo possiamo identificare questi due momenti come quelli che hanno portato a una nuova percezione della realtà: la morte di Dio e il non-detto obiettivo di sostituirlo. È chiaro che il ruolo svolto dalla fisica moderna in questo caso è fondamentale, non solo nella filosofia ma soprattutto nell’arte contemporanea. Per esempio, è evidente fin dai primi anni del XX secolo: pensiamo alle ultime opere di Cézanne con il passaggio da una prospettiva euclidea a una quarta dimensione, o a esempi più evidenti come il cubismo. La fisica quantistica ha iniziato a giocare un ruolo chiave nelle tecniche prima e nelle tecnologie dopo e, di conseguenza, è diventata sempre più alla portata del grande pubblico. Pensate per un attimo a come il paradosso di Schrödinger sia diventato una base per i meme per capire come il mondo abbia modificato il proprio punto di vista.

Detto questo, nell’era moderna dell’iper-presenza e dell’iper-connessione ci chiediamo ancora se gli eventi si svolgano secondo un destino predeterminato o per pura coincidenza. Alcuni di noi hanno ancora il bene della religione – o, in un senso più ampio e moderno, diciamo della spiritualità – ma molti altri non sono riusciti a inserirsi nei sentieri tracciati dall’educazione religiosa e si affidano senza successo al proprio retaggio, cercando di beatificare da sé la propria coscienza. Coloro che non credono si interrogano e vagano in cerca di risposte, tentando di essere presenti quando sono sovrastimolati e in missione per definire la propria realtà, a volte giocando a fare Dio.

Con HIC ET NUNC, Pascal Möhlmann ha raccolto la sua idea di spiritualità, il suo patrimonio culturale, le sue idee, la sua formazione e la sua esperienza, con l’obiettivo di giocare con quei momenti serendipici che spesso trascuriamo. Quando ci si trova in un vero e proprio momento di sliding doors non si è in grado di capire come il bene e il male coesistano, dobbiamo lasciar passare un po’ di tempo, prendere coscienza e solo alla fine iniziare a collegare i puntini e vedere gli indizi che ci hanno portato a questo. Allo stesso modo, se lo spettatore guarda il corpus di opere di Möhlmann ma non ci entra dentro, non noterà tutti gli indizi che l’artista ha lasciato in oltre un anno di preparazione per questa mostra. 

Entrando nella mostra, ci immergiamo in degli happening bidimensionali: ognuno dei dipinti a grandezza naturale ha nel titolo un riferimento a una specifica ora del giorno, ma non troveremo nessun “angel number” o altra suggestione metafisica. Le cose accadono per coincidenza, per uno schema più grande, ma sta a ciascun partecipante trovare o meno una risposta.

A prima vista lo spettatore può riconoscere diverse pose: alcune prese in prestito dall’arte più classica del rinascimento e manierismo italiano, come in 15:01 e 03:23 dove troviamo un chiaro collegamento con la Morte e la Fanciulla o le Tre Grazie, e altre più goffe prese da graphic novel e cartoni animati, come quelle di 21:35 e 17:22.

Zoomando da una prospettiva più globale e assaporando davvero ogni pezzo, lo spettatore riconoscerà innanzitutto i fashion statements dei soggetti: come in 15:01 e 03:23, dove le pose classiche incontrano la moda moderna e suggeriscono un concetto di “NEW BEAUTY”, come recita una maglietta dei soggetti. In 15:48, due donne si scontrano in un ambiente che non ci dà alcun indizio se non una citazione del manierismo barocco. Sono in un ambiente bucolico, ma entrambe vestite alla moda, una in nero con Airforce 1’s bianco perlato e l’altra con toni più romantici dele Vans slip on rosa e leggings Adidas rossi. Quella vestita con i toni dell’amore ha perso una scarpa nell’impatto, come se fosse stato tanto forte quanto lo scontro con la realtà dopo la fase dell’infatuazione. 

Ogni volta che si guarda un’opera si entra in un micro-mondo. Nel già citato 17:22, il soggetto sta cadendo perché ha calpestato una gomma da masticare. Ma aveva in mano una freccetta, che si trova proprio vicino a questa pseudo scena del crimine. Un simbolo di gioco, certo, ma un gioco che richiede una forte concentrazione, creando un sorprendente cortocircuito semantico. E anche in 16:32, il pezzo più piccolo dell’intera mostra, la it-girl protagonista della tela è raffigurata nel momento in cui la sua gomma da masticare scoppia, e se si guarda bene si vedrà che uno dei suoi tatuaggi, quello sul petto, dice “BAM”, ripetendo il suono della gomma che si sta ancora attaccando sul suo viso.

Allo stesso modo, in 21:35 la donna che sta cadendo in un ambiente infernale, mostra il tatuaggio sulla schiena che dice “HERE” citando il leitmotiv della mostra. Sta cadendo proprio lì, in quel momento, lasciando aperta la domanda su quale sia il peccato che l’ha portata lì. In 13:51, invece, la donna che cade su un tubo da giardino in un ambiente più neutro ha un tatuaggio che dice “NON ORA” in forma di croce, come se non fosse pronta per essere chiamata per il giorno del giudizio e ancora in tempo per lavare i suoi peccati.

Gli ultimi due pezzi sono l’effettiva parafrasi del detto non giudicare un libro dalla copertina: anche se, come abbiamo detto, l’obiettivo dell’artista non è quello di suggerire una vera risposta alla domanda, nel qui e ora le cose accadono, almeno con delle conseguenze. Per esempio: 11:27 è un autoritratto dell’artista. È caduto su un pavimento simile a quello ritratto in 17:22 e 13:51, ma le tracce della tavolozza suggeriscono un movimento di scivolamento, dato che il colore ha lasciato una dritta scia evidente. È sdraiato lì, con i suoi potenti strumenti di lavoro, come se non potesse smettere di fare ciò che fa anche in un momento di incoscienza. Questo percorso si incrocia con un altro, suggerito dalla freccetta e dal pacchetto di gomme da masticare, e ci lascia con una dichiarazione d’intenti sul lavoro dell’artista tanto forte che a parole non si può tradurre. 

Infine, un altro pezzo ricco di indizi su questa particolare mostra è 20:52. Un adolescente ha incontrato sulla sua strada un piccolo albero, contro il quale ha sbattuto la faccia. Sull’albero vicino al viso del soggetto si nota una “X” scolpita, come se fosse un bersaglio, e la stessa composizione è suggerita dalle due ossa sul lato sinistro. La linea che creano questi due elementi incontra l’avambraccio del ragazzo dove possiamo leggere “NOWHERE” nel suo tatuaggio. Quindi, se si lascia che siano le opere a guidarci quando si visita ancora una volta la mostra, ci si accorge di essere portati dall’artista a concentrarsi su ciò che sta accadendo NOW/HERE, qui e ora, da Plan X. 

Per la sua prima mostra personale in Italia, Pascal Möhlmann ci conduce in un’avventura alla scoperta di noi stessi. Hic et Nunc è la sua dichiarazione d’amore alla vita e un’ode al nostro patrimonio culturale, un viaggio d’introspezione all’incrocio tra ironia e spiritualità.

In quest’epoca moderna di iperpresenza, ci si chiede ancora se gli eventi si svolgano per via di un destino predeterminato o per semplice coincidenza. Eppure, questa è una questione aperta da sempre, perché gli esseri umani hanno sempre cercato di dare un senso al mondo che li circonda, studiando la natura e le stelle e affidandosi alla religione e ad altri artefatti per guidare la loro morale.  E mentre alcune persone ancora possono fare affidamento alle credenze religiose tradizionali, altre esplorano modi alternativi di credere e cercano di definire la propria realtà.

Sebbene l’obiettivo di Möhlmann non sia quello di suggerire una vera risposta alla domanda iniziale, questo corpus di opere, che ha richiesto più di un anno di preparazione, invita lo spettatore a riflettere sul significato della casualità e sull’interconnessione degli eventi. Raccogliendo il suo patrimonio culturale, le sue convinzioni, la sua formazione e la sua esperienza, nei suoi dipinti a grandezza naturale c’è l’incoraggiamento a guardare oltre la superficie dell’opera d’arte e delle cose, per scoprire i sottili suggerimenti e gli indizi che possono essere utili quando si cerca di dare un senso alle cose. Entrando nella mostra, ci immergiamo in un’esperienza bidimensionale: ognuna delle opere ha nel titolo un riferimento a una specifica ora del giorno, ma non troveremo nessun angel number o altri suggerimenti metafisici. Le cose accadono per coincidenza, per uno schema più grande, ma sta a ciascun partecipante trovare una risposta, o non trovarla affatto. 

Un ruolo importante nel contribuire a mettere a terra il tema della mostra è svolto dalle pose dei soggetti, che a volte sono prese in prestito dalle più tradizionali della storia dell’arte e altre volte da cartoni animati e graphic novel. Anche i fashion statements presenti concorrono alla narrazione, come le iconiche sneakers Nike o i tatuaggi. Nel complesso, la specifica poetica visiva di Möhlmann che può essere definita come un’estetica contemporaneo-barocca e che ogni spettatore può comprendere in modo fluido, è il vero passepartout per la migliore comprensione della narrazione sottostante. 

Con grande ironia e sensibilità, l’uso di classico e moderno da parte di Möhlmann suggerisce un concetto di “NEW BEAUTY” e se ci si lascia guidare dalle opere durante la visita alla mostra, alla fine ci si renderà conto che l’artista ci porta a concentrarci su ciò che sta accadendo ora e qui, anche proprio da Plan X.


Pascal Möhlmann (nato nel 1969 a Hilversum) è un pittore olandese. Si è laureato con lode alla Hogeschool v/d Kunsten Utrecht HKU e ha seguito delle masterclass con Jurrian van Hall all’Istituto di pittura di Amsterdam. La sua feconda carriera lo ha visto esporre in numerose mostre personali e collettive, oltre a collaborare con riviste, case di moda e realizzando commissioni private e pubbliche. Ecco una selezione di mostre: Rembrandt 2000, L’Aia 1999; Galleria Oliver Burger, mostra personale “GALLERY OF IDIOTS”, Zurigo 2007; Galleria Burgerstocker, mostra personale, Zurigo 2010; Kaufleuten takeover con Tom Haller, Zurigo 2013; Galleria Naruyama, mostra personale “GALLERY OF IDIOTS TOKYO”, Tokyo 2013; Kaufleuten takeover con Tom Haller, Zurigo 2019; MiSA 2, Galerie König, Berlino 2020; König Gallery, “THE ARTIST IS ONLINE”, Berlino 2021; König Gallery, MiSA, Berlino 2021; Galerie DUVE, mostra personale “OMG”, Berlino 2022; MiSA online show “PARADOX PARADISE”; Dynamisk X Phillips London, “ONCE UPON A TIME IN MAYFAIR”, 2022; Better Go South gallery Stuttgart, “SPECTRUM” paperworks group show, 2022; 4BYSIX “BREAK IN EMERGENCY” group show and auction, 2022. Ecco una selezione di collaborazioni e commissioni: Off White (diversi dipinti per la collezione uomo FW20/21); YVY Leather (3 pezzi “COURAGE” olio su pelle), 2021; Etnìa Eyewear (artwork per la campagna del FC Barcelona), 2022; MiSA, edizione di 24 ore “FASTER”; Roger Federer (per la rivista Annabelle, CH); Caroline Vreeland (ritratto per la copertina di un album); Canton Sankt Gallen (ritratto del presidente Benedikt Würth); Virgil Abloh, collezione privata; Monastero di Einsiedeln (ritratto dell’abate Urban Federer) e rivista Esquire (copertina per l’edizione DACH), 2022.